Sebastian Coi e la minaccia fantasma (parte 4)

Continua da Parte 3.

La  navicella si avvicinò alla base lunare segnalando il suo arrivo. I fari, diversamente dal solito, erano di colore bianco, segno di volontà di dialogo e/o resa. I servizi avevano un proprio codice per ogni cosa e per questo bisognava stare attenti a servirsi dei propri mezzi nel modo giusto.
Questa era la cosa che più odiava John, anarchico per natura. Ma non era lui la persona più infastidita in quel momento.

Il più infastidito di tutti era Sebastian, che tanto per cambiare era nascosto dietro la stiva della navicella in una posizione veramente scomoda, ma l’unica possibile per evitare i sensori termici della base lunare.

I due ora erano dentro l’orbita e non potevano più tornare indietro. La missione era cominciata.

Appena atterrato, John uscì dall’abitacolo mentre i robot-sensori ripulivano la navicella da cima a fondo (non sapendo che in un intercapedine preciso c’era nascosto Sebastian).

«Sei tornato!» fu il benvenuto, meno che cordiale, riservato a John da parte di Elvis.
«Oh ciao anche a te eh!» fu la risposta del diretto interessato.

«Ti sei finalmente convinto dell’importanza della nostra missione?», il Re era vestito con il suo abito scintillante e indossava una specie di corona d’alloro in testa, era al massimo del suo egocentrismo, soprattutto per come si era evoluta la situazione in quei giorni.

Per tutta risposta le guardie armate dietro di lui spianarono le armi contro John.
«Beh, potrei dire che questo è già un bel motivo per accettare la missione» rispose lui ironico, «Ma sì, credo che ormai non ci sia più nulla per me sulla Terra, per cui mi unirò a voi». Il sorriso trionfante di Elvis fece abbassare le armi.
Poi i due si allontanarono per decidere sulle prossime mosse da compiere.

Rimasti da soli, i robot-spazzini ripulirono e scansionarono tutta la navicella, poi lentamente uscirono anch’essi.
Dopo minuti che a lui parvero ore interminabili, uscì dall’intercapedine anche Sebastian, finalmente libero di respirare o quasi. E immediatamente si diresse verso lo spogliatoio delle guardie armate, facendo attenzione a non venire ripreso dalle telecamere di controllo. Dopo aver rubato una divisa e una maschera antigas si diresse verso l’imponente Sala Prove della base, e più precisamente nella cabina di regia.

Dire che tutto questo avvenne facilmente sarebbe sbagliato. Soprattutto la continua paura di Sebastian di venire scoperto gli portò non pochi problemi, primo fra tutti non sapere la password per entrare nella cabina di regia della sala prove. Ma a volte la fortuna aiuta gli audaci e una guardia esperta e in vena di dare sfoggi odi spiegazioni a una recluta inesperta gli diede la possibilità di entrare.

Dalla sala di regia in alto Sebastian poteva vedere tutte le star radunate al di sotto, compresi Elvis e John. Il Re si spese in un discorso sull’importanza della missione e del lavoro svolto finora, e garantiva che ciascuno di loro avrebbe avuto la gloria eterna da questa missione. «Perché NOI siamo la musica. Perché NOI siamo gli USA!» terminò con una manciata di applausi da parte dei presenti.

Detto questo fece una cosa che nessuno gli aveva mai visto fare: prese, tra i vari cimeli storici sparsi nella sala, e prese la sua mitica chitarra che gli era stata regalata dal padre quando era bambino. Si trattava di una chitarra storica, la sua prima chitarra, considerata intoccabile da tutti, lui compreso. Poi si erse su una sedia e cominciò a cantare It’s Now Or Never con la potenza amplificata della base lunare che ipnotizzò tutta la platea. Era il suo modo per rivendicare il primato e il potere su tutti i presenti. E la cosa funzionò per qualche minuto.

John faceva finta di ascoltare estasiato, mentre in realtà aveva dei tappi nelle orecchie. Sapeva benissimo che la musica di Elvis era in realtà una forma di ipnosi per plagiare le menti altrui, lui l’aveva sperimentato direttamente su sé stesso. Con le mani dietro la schiena fece un cenno verso la sala di regia. Solo una delle persone presenti lì in mezzo lo capii. La stessa persona che  cominciò ad armeggiare con le strumentazioni presenti hackerandole. Quella stessa persona che, ad un certo punto, spense gli amplificatori per mettere in filodiffusione un preciso file estratto da una chiavetta. Quella persona… era Sebastian!

«Come riuscirà a convincere questa gente ad aderire al suo progetto?»
«Oh non c’è alcun bisogno di adesione! Io e i tecnici della CIA abbiamo messo a punto un mezzo per convincere le persone tramite onde sonore»
«Eccellente, quindi è sicuro che con lei il nostro progetto di controllo delle menti funzionerà»
«E avrà a disposizione i migliori geni musicali del mondo per attuarlo!»

Il dialogo avvenuto anni prima tra Elvis e il funzionario del governo americano che l’aveva assoldato era stato registrato durante una delle loro sedute. Una semplice prassi nel caso qualcuno avesse voluto ricattare l’altro. O sabotare il loro piano, come in quel caso. John non aveva voluto rivelare come ne era entrato in possesso, ma ora il contenuto di quel dialogo viaggiava lungo tutta la base lunare, svegliando i presenti dall’ipnosi e mettendo il loro (fino a quel momento) Leader.

Il dialogo proseguiva così come l’ammontare della rabbia, da parte dei presenti, nei confronti di Elvis che si vedeva ormai accerchiato. Le guardie entrarono tutte dentro la Sala prove, compreso Sebastian che si schierò subito dalla parte di John togliendosi la maschera e rivelando la sua identità. « Tu?» Elvis lo guardò con aria minacciosa «Avrei dovuto immaginarlo, eravate d’accordo voi due maledetti!»
«Esatto grand’uomo!» rispose John «È ora che il Re venga spodestato dal suo trono!»
«Oh se verrò spodestato io, non sarò l’unico qua in mezzo»
Dopodiché tirò fuori dalla giacca un mini-telecomando e pigiò un bottone. Improvvisamente tutte le luci si spensero e ci fu un risuonare di urla e spintoni da ogni parte. Nessuno riusciva più a vedere o a capire niente. Poi finalmente le luci si riaccesero rivelando una confusione tutt’attorno e guardie e star mescolate tra loro. Elvis si era dissolto nel nulla. Poi una voce risuonò dagli altoparlanti: «Inizio del processo di auto-distruzione di Base-1. La base lunare si autodistruggerà tramite esplosione tra 10 minuti a partire da ora».

Dopo un secondo di silenzio dovuto allo sbigottimento della notizia iniziò il panico generale unito a grida isteriche. Tutte le porte erano state bloccate prima che Elvis sparisse. E nessuno sapeva come risolvere questa situazione. Ora erano tutti sulla stessa barca, star e guardie, e tutti erano spaventati. Anche John aveva perso la sua naturale compostezza e si metteva le mani nei capelli non sapendo cosa fare. Nel delirio generale era rimasto solo Sebastian in silenzio. Lui partiva fin da subito spaventato da sempre, per cui quella situazione di panico per lui era routine ormai. E aveva adottato un sistema di respiro per rilassarsi e cercare di ragionare. In quel momento, mentre tutti impazzivano per la fine imminente (ormai mancavano solo 5 minuti) Sebastian si mise seduto in un angolo a riflettere, e da quel silenzio cominciò a battere il piede tenendo il ritmo dei bip del timer. E in quel momento immaginò che questo rumore annullasse tutto il resto, la Base, le star, quella situazione assurda in cui si era trovato e che non aveva assolutamente cercato. E lì gli venne l’illuminazione!

Si alzò su una sedia in maniera alquanto goffa e cercò di richiamare l’attenzione. Non riuscendovi fece l’unica cosa che poteva attirare l’attenzione lì in mezzo: prese una chitarra elettrica e collegandola all’amplificatore, cominciò a suonare. Un ritmo disturbante e poco intonato, congeniale a un dilettante come lui. «Ok basta» fu Michael Jackson il primo a ribattere alla sua musica «Se dobbiamo morire tutti non sarà con questa colonna sonora orribile!»
Sebastian sorrise e ripose la chitarra a terra. ora aveva l’attenzione di tutti i presenti.
«Ascoltatemi, ho un’idea che potrebbe salvarci! il sistema dell’autodistruzione è collegato al Sistema generale di tutta la Base. Così come i vostri strumenti musicali. È solo un’ipotesi ma se noi sovraccarichiamo tutto il sistema con la nostra musica dovremmo provocare un black-out tale che  anche questo dovrebbe fermarsi. Abbiamo qui i migliori musicisti e cantanti della storia della musica, facciamo una mega-orchestra e spariamo tutta la nostra musica a 10.000 watt! Male che vada… moriremo, ma in fondo cosa abbiamo da perdere? Non è forse il nostro sogno morire facendo musica? Facendo quello che ci piace di più? Ora ne abbiamo la possibilità. E, in ogni caso, preferisco morire così piuttosto che aspettare con lenta agonia che si compia il mio destino. Ci preparavamo ogni giorno per questo momento. facciamolo ora o mai più! E allora sì che rimarremo nella storia!»
Aspettò due secondi per riprendere fiato, era la prima volta in vita sua che faceva un discorso alle masse come un vero leader. Lui semplice impiegato al catasto!
Ci fu un silenzio di un altro secondo da parte di tutti, poi John prese la parola e disse una cosa sola che però venne presto imitata da tutti: «FACCIAMOLO!!!!»

Immaginate la più grande orchestra di sempre, composta da persone del calibro di Michael Jackson, Jim Morrison, David Bowie, Amy Winehouse, Prince, Kurt Cobain, John Belushi, Notorius BIG… e solo per citare i più famosi. Musicisti e voci insieme per un concerto incredibile per salvare qualche vita, in un satellite minuscolo lontano anni luce da qualsiasi altra forma di vita. Meglio del Live Aid!
E in mezzo a tutti: un semplice impiegato del catasto, Sebastian Coi, che faceva da direttore d’orchestra per tutti quegli artisti, per aiutarli a raggiungere 10.000 watt di potenza musicale.
Descrivere la musica che ne uscì fuori è difficile. Si trattò certamente di qualcosa dì improvvisato, dovuto alla necessità di sopravvivere per gli ultimi 3 minuti che rimanevano allo scoppio di una bomba. Una musica arrabbiata e gloriosa allo stesso tempo. Il testamento improvvisato di numerosi artisti che univano rock a rap/hip hop, funky, reggae, jazz e qualcuno persino lirica!
La musica del mondo riassunta in un brano inedito di tre minuti, che difficilmente sarebbe mai stato registrabile e/o replicabile altrimenti. Un Big Bang musicale, per scongiurare un Big Bang che poteva avvenire di lì a poco.

Finiti i 3 minuti di esecuzione (compresi assoli vari) calò il silenzio. Il buio avvolse tutto e tutti. Il Black-Out finale. Ogni personaggio coinvolto che si trovava lì in mezzo si guardò attorno controllandosi il proprio corpo. Constatato che tutti respiravano e si sentivano integri ci fu un esplosione di gioia incredibile in cui tutti, nel buio, sia star che guardie, si abbracciavano contenti e soddisfatti, non sapendo chi o cosa abbracciavano.
Sebastian, tanto per cambiare, svenne. Ma stavolta un sorriso circondava il suo volto: ce l’aveva fatta, aveva salvato tutti!

Dopo l’ubriacatura generale per il fatto di essere ancora vivi, qualcuno, forse una delle guardie, riuscì a trovare la leva per le luci di emergenza. Grazie a quelle gli abitanti della Base poterono trovare facilmente le navette di salvataggio per poi tornare sulla Terra.
John si premurò di caricarsi sulle spalle Sebastian svenuto e portarselo con sé. Al suo risveglio Sebastian vide, come prima cosa, la Grande Sfera Blu dove abitava da sempre dall’oblò della nave. E mai come quel momento fu contento di chiamarla “casa”.
«Ehi pivello» furono le parole che gli rivolse John appena lo vide sveglio «chi l’avrebbe mai detto? Ci hai salvato tutti. Dobbiamo festeggiare, ho della birra da parte che ho fregato dalla dispensa poco prima di andarmene da quell’Inferno. Sapessi che battaglia che ho dovuto fare per accaparrarmi quelle bottiglie»
Sebastian sorrise, per fortuna John era sempre lo stesso. Qualsiasi scusa era buona per bere qualcosa. Sul ponte della nave i due festeggiarono con le birre e si scambiarono pareri sul loro futuro. John e gli altri artisti avevano riflettuto su cosa fare una volta tornati sulla terra: erano ormai ritenuti morti da tutti e sembrava giusto continuare a far credere così. Al massimo si sarebbero comprati una piccola isoletta da qualche parte del Pacifico e sarebbero vissuti lì, come la Leggenda voleva. Ormai il loro tempo (musicale e non solo) era finito. Ma per Sebastian poteva continuare se voleva, con loro o come nuovo genio compositore «Ma prima ti devo ancora fare qualche lezione di armonia» gli disse sorridendo John.
Sebastian rise anche lui, non sapeva ancora in realtà cosa voleva dalla vita, anche se qualche idea ce l’aveva in mente.

«Ehi c’è anche una bottiglia di champagne qua, è il caso di brind…» ma il tappo che John aprì non fece in tempo a volare lungo la parete della navicella che, all’interno di essa, si sentì un altro botto. E John fece appena in tempo a sentire un colpo e una macchia di sangue che cominciava a farsi largo nella sua pancia, prima si svenire a terra.

Da un anfratto della nave sbucò un’ombra che era rimasta a lungo nascosta per tutto il viaggio, armata di una rivoltella: Elvis!
«NO, John!» Sebastian cercò di avvicinarsi all’amico ferito ma gli venne impedito dallo sguardo minaccioso del Re.
«Tu, piccolo escremento di fogna! hai distrutto tutto ciò per cui ho lavorato una vita intera. Dovevo ucciderti la prima volta che ti abbiamo preso per sbaglio dalla Terra. Ora farai la fine che meriti, tu e quest’altro coglione qua, e di te non si ricorderà più nessuno! Preparati…», ma Sebastian si era già stufato dei suoi monologhi pretenziosi e azionò di nascosto la leva dell’antigravità che stava dietro di lui. Per un momento i tre fecero una strana danza in aria in cui ad Elvis volò via la rivoltella, Sebastian e un semi-morto John cercavano di prenderla. Nuotando nell’aria i tre s’incontrarono e scontrarono varie volte mettendo i propri corpi al limite della sopportazione fisica pur di sopravvivere. Elvis sarà pure invecchiato e bolso. ma accidenti, riusciva ancora a dare spallate significative!

Poi, quando la situazione sembrò precipitare a Sebastian venne l’ennesimo colpo di genio: mentre John ed Elvis si contorcevano in aria per prendere la rivoltella, Sebastian si preoccupò di prendere un cavo e legarlo tra lui e John e poi nuotò fino al ponte di comando e aprì l’uscita dello scarico esterno della nave. Immediatamente i tre vennero presi da un turbine di vento che voleva risucchiarli verso l’esterno, verso l’ignoto. Sebastian si tenne ben saldo alla leva del comando, John era trattenuto solo dal cavo. Elvis teneva ben stretto John che per lui era divenuto l’unica ancora di salvataggio. Sebastian aveva sperato che fosse più semplice la cosa.
«Abbassa quella cazzo di leva o anche lui viene con me!» fu la minaccia di Elvis.
Sebastian si vide ormai sconfitto e cominciò a sforzarsi per rialzare la leva. «No» disse ad un certo punto John con le sue ultime forze «Io ormai ho vissuto la mia vita, molto breve ma intensa. Lasciaci andare ragazzo e vivi la tua vita al massimo!» «No, John, non ti lascerò così», ma la risposta dell’ex bluesman non si lasciò attendere «Non hai capito ragazzo… non era una richiesta!» e con la bottiglia di champagne rotta che teneva in mano spezzo il cavo. In una frazione di secondo lui ed Elvis vennero risucchiati verso l’esterno, diventando un tutt’uno con l’Universo, la vita e tutto quanto!

Sebastian alzò la leva chiudendo di fatto tutte le uscite esterne, poi fece lo stesso con la leva antigravità. Dopo aver impostato il pilota automatico verso la Terra rimase per un momento a piangere per la sorte dell’amico scomparso.

La storia a questo punto si fa lacunosa poiché gli archivi della CIA e l’FBI da cui abbiamo attinto sono contrassegnate come top secret. Ma è facile immaginare che tali organi abbiano avuto tutta l’intenzione di non far trapelare una storia del genere. Sebastian venne lasciato libero tramite ricompensa di denaro a patto che non rivelasse niente a nessuno. Non si sa che fine fece ma è certo che il giorno dopo si presentò al lavoro in bermuda e birra offrendo ai colleghi da bere. Poi si alzò sul tavolo e annunciò il suo licenziamento da quel posto arido e inutile. Nessuno lo vide più, pare che avesse comprato una motocicletta e avesse annunciato un ipotetico “viaggio per la California”, ma nessuno seppe effettivamente dove fosse diretto.
Le star sopravvissute all’esplosione della Base Lunare (fatta passare per una straordinaria scia di comete per un evento che accade solo ogni mille anni) furono trasferiti su di un’isola ai Caraibi. ogni tanto qualcuno li  vede pescare ma non dice nulla poiché sembrerebbe troppo una Leggenda Metropolitana. E dopotutto va poi bene così!

Scena finale

Sebastian era impegnato a sgrossare la stufa che,come al solito si era inceppata. Ogni tanto succedeva ed era l’unica pecca del suo locale. Dopo l’esperienza sulla Base Lunare, infatti, aveva messo a frutto le sue doti culinarie e con un po’ di pazienza era riuscito ad aprire la sua attività: un locale-karaoke dove chiunque poteva esibirsi quando voleva e come voleva, con una serie di strumenti musicali a sua disposizione. Era anche finito su qualche giornale locale alla voce “Curiosità” per questa cosa. E si godeva così il suo piccolo spazio di felicità.

Mentre era impegnato nel suo lavoro giunse Jenny, la nuova cameriera-stagista appena assunta. «Signore, non ci crederà mai» gli disse.
«Ti ho sempre detto di darmi del tu, accidenti, non sono così vecchio!» fu la risposta di Sebastian.
«Sì sì mi scusi, ma questa la deve sentire; un tizio là fuori ha appena ordinato 4 polli fritti; con questo caldo che c’è oggi! Gli ho chiesto se voleva anche da bere ha risposto solo una Coca! È tipo la richiesta più assurda mai sentita in vita mia»
Sebastian distolse lo sguardo dalla stufa. «Quattro polli fritti e una Coca, ma chi è che ordina cose del gener…», s’interruppe poiché un ricordo preciso gli giunse alla mente proprio in quel momento. Lui conosceva benissimo una persona che poteva ordinare una cosa del genere! E non riusciva a crederci.
Si precipitò verso il bancone del locale lasciando tutto quello per cui stava lavorando.

«JOHN!» si mise ad urlare nel locale. Ma fuori non c’era nessuno. Solo un paio di occhiali scuri lasciati in bella vista sul bancone.
«Oh è andato via!» disse Jenny «Che tipo!»
Sebastian sorrise e prese con sé gli occhiali scuri.
«Già, proprio uno strano tipo, il migliore che abbia mai conosciuto» e dopo essersi per un attimo fermato a guardare qualcosa all’orizzonte, come destatosi da un sogno si rivolse alla sua cameriera.
«Beh, abbiamo ancora del lavoro da fare qui. Come si dice, Hey Oh, Let’s Go!»

 

FINE

 

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